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LA CONTRATTURA MUSCOLARE

La contrattura muscolare è una lesione muscolare che si caratterizza per un aumento del tono muscolare improvviso ed involontario. La contrattura è di per sé un atto difensivo che si manifesta quando il tessuto muscolare viene sollecitato oltre il suo limite di sopportazione fisiologico: l’eccessivo carico innesca un meccanismo di difesa che porta il muscolo a contrarsi. I muscoli generalmente più colpiti dalla contrattura muscolare sono:
- i muscoli gemelli;
- il muscolo soleo;
- il muscolo bicipite femorale;
- il muscolo sartorio;
- i muscoli adduttori;
- il muscolo trapezio;
- i muscoli lombari e dorsali della schiena;
- i muscoli dorsali.
Il disturbo si manifesta attraverso un dolore localizzato intorno al muscolo contratto, che può essere più o meno intenso, inoltre è facilmente riconoscibile al tatto perché predispone una tensione e gonfiore nell’area infiammata.
Il disturbo può colpire chiunque anche se interessa soprattutto gli sportivi che praticano discipline in cui è richiesto uno sforzo muscolare di tipo esplosivo (calcio, body-building, rugby, corsa, ect.) e quelle persone che svolgono lavori pesanti. A volte può manifestarsi anche in caso di gravidanza, obesità, vita sedentaria e altri fattori che analizzeremo più dettagliatamente nel prossimo paragrafo.
Le contratture muscolari solitamente si risolvono nel giro di una decina di giorni con un trattamento conservativo che prevede: riposo, allungamenti del muscolo, massaggi e stop dagli allenamenti.
La patologia rientra fra le lesioni muscolari ed è la meno grave rispetto a:
- stiramento muscolare;
- strappo muscolare;
- rottura o lesione delle fibre muscolari.
LE CAUSE
La contrattura al muscolo si può manifestare per diverse cause che possono essere suddivise in “non sportive” e “sportive”.
Tra le “cause sportive” ricordiamo:
- sforzo muscolare troppo intenso;
- sollecitazioni muscolari troppo eccessive;
- riscaldamento non adeguato;
- esecuzione di movimenti bruschi ed improvvisi;
- debolezza muscolare;
- problematiche articolari;
- mancanza di coordinazione nei movimenti;
- potenziamento degli allenamenti in maniera non adeguata;
- eccessiva tensione emotiva;
- distorsione
Invece tra le cause “non sportive” abbiamo:
- svolgimento di attività pesanti;
- vita sedentaria;
- obesità;
- difetti posturali;
- arti asimmetrici;
- gravidanza;
- tetano;
- peritonite;
- intossicazioni;
- patologie del sistema nervoso.
I SINTOMI

Il soggetto colpito da una contrattura muscolare avverte un dolore modesto e diffuso lungo l’area muscolare interessata. Sia il dolore e sia altri sintomi associati, generalmente tendono a manifestarsi dopo 8-24 ore attraverso:
- dolore più o meno intenso;
- quando si cerca di allungare il muscolo, esso rimane contratto;
- tensione muscolare;
- aumento involontario del tono muscolare;
- mancanza di elasticità del muscolo durante lo svolgimento dei movimenti;
- gonfiore;
- piccole lesioni nelle fibre muscolari;
- difficoltà nei movimenti.
I RIMEDI
Per curare la contrattura muscolare è necessario procedere con un trattamento conservativo per guarire in una decina di giorni. E’ necessario:
- sospendere l’attività sportiva per 3-7 giorni (se non si sospendono gli allenamenti la contrattura non guarisce ed occorrono più giorni di inattività);
- riposo;
- assunzione di farmaci miorilassanti e FANS;
- attività che consentono di allungare la muscolatura e favoriscono l’afflusso di sangue ai muscoli;
- massaggi decontratturanti;
- praticare lo “stretch and spray” (consiste nell’allungare il muscolo e poi erogare un spray refrigerante per bloccare il dolore);
- cicli di allungamento/contrazione del muscolo;
- impacchi caldi;
- fanghi;
- elettrostimolazione;
- Ionoforesi.
Per prevenire le contratture muscolari è opportuno seguire alcuni consigli utili:
- eseguire sempre un riscaldamento adeguato;
- assicurarsi di essere nelle condizioni fisiche opportune per sostenere uno sforzo eccessivo;
- utilizzare delle pomate specifiche durante la fase di riscaldamento;
- coprirsi adeguatamente nei mesi invernali;
- concedersi adeguati tempi di recupero;
- cercare di correggere eventuali squilibri muscolari e articolari.
NEUROPATIE PERIFERICHE

Il sistema nervoso consiste di due componenti: il Sistema Nervoso Centrale, costituito da encefalo e midollo spinale, ed il Sistema Nervoso Periferico, costituito da nervi che connettono il Sistema Nervoso Centrale ai muscoli, alla pelle e agli organi interni. Le Neuropatie periferiche sono un eterogeneo gruppo di disturbi che colpiscono le fibre nervose periferiche.
L’unità base del Sistema Nervoso Periferico è la cellula nervosa o neurone. Ciascun neurone è formato da un corpo cellulare e da un lungo prolungamento, chiamato assone, che conduce impulsi tra il corpo cellulare e la periferia, dove entra in contatto con i recettori, strutture specializzate, presenti nei muscoli, nella pelle e negli organi interni. Molti assoni sono avvolti da una membrana, la guaina mielinica, che permette agli impulsi elettrici di trasmettersi in maniera più veloce ed efficiente. Gli assoni viaggiano insieme uniti in tronchi nervosi, che spaziano per il corpo umano come cavi di un complesso circuito elettrico. Il compito quindi del neurone è quello di inviare informazioni da una parte all’altra del corpo attraverso impulsi elettrici.
Si possono distinguere tre tipi di nervi a seconda del tipo di fibre che contengono:
- Motori – Responsabili dei movimenti volontari
- Sensitivi – Ci consentono di percepire il dolore, le vibrazioni, il tatto, di riconoscere le forme degli oggetti solo toccandoli, e di conoscere la posizione di parti del nostro corpo nello spazio
- Vegetativi o Autonomici – Controllano funzioni involontarie (cioè non sotto il controllo della volontà), come il respiro, il battito cardiaco, la pressione arteriosa, le funzioni digestive e sessuali. Essi lavorano sempre, in maniera autonoma, sia quando siamo svegli sia quando dormiamo
Molte neuropatie interessano, in grado diverso, tutti e tre i tipi di fibre nervose, ma in alcuni casi solo uno o due tipi di fibre sono interessati e si parla, pertanto, di neuropatie puramente o prevalentemente motorie, sensitive, o vegetative.
CLASSIFICAZIONE
Le Neuropatie si possono classificare in:
- Mononeuropatie – Colpiscono singoli nervi periferici in aree ben definite e spesso sono conseguenza di una lesione traumatica, di una compressione locale, con schiacciamento del nervo, o di processi infiammatori o ischemici. La sintomatologia è, pertanto, localizzata e limitata al territorio di innervazione del nervo leso. Esempi di mononeuropatie sono le neuropatie da intrappolamento (es. Sindrome del tunnel carpale) e la paralisi di Bell, un disturbo del VII nervo cranico (nervo facciale), che contiene fibre motorie per i muscoli mimici della faccia e fibre vegetative. Nella maggior parte dei casi non si conosce la causa di questo disturbo, che si manifesta con assimetria delle labbra (ci si accorge di avere “la bocca storta”) e difficoltà a chiudere l’occhio dallo stesso lato. Possono talora associarsi disturbi dell’udito (iperacusia) e del gusto. Nella maggior parte dei casi il deficit recupera spontaneamente in periodi più o meno lunghi (da uno a 5 o più mesi) a seconda che il danno abbia interessato solo la guaina mielinica o anche l’assone.
- Mononeuropatia multipla – Se i disturbi colpiscono simultaneamente o anche in tempi successivi due o più nervi in aree distinte. Ciò si verifica, in genere, in corso di malattie sistemiche, come ad esempio il diabete o malattie reumatologiche.
- Polineuropatie – Rappresentano la maggioranza delle neuropatie periferiche, e si riferisce ad un interessamento bilaterale e simmetrico dei nervi periferici, ossia interessa, in maniera simile entrambi i lati del corpo. Generalmente i disturbi iniziano alle mani e ai piedi. A seconda che siano colpiti i nervi motori, sensitivi o entrambi, si parla di neuropatia motoria, sensitiva, o mista.
CAUSE E SINTOMI

Le cause delle neuropatie sono molteplici. A seconda dell’origine le neuropatie possono essere classificate come:
- Ereditarie – Causate da anomalie genetiche
- Acquisite – Costituiscono la maggior parte delle neuropatie e sono dovute a malattie acquisite nel corso della vita, fattori metabolici, stress ossidativo a carico del tessuto nervoso, traumi, infezioni e infiammazioni.
- Idiopatiche – Quando la causa della neuropatia non è nota. A seconda delle sue manifestazioni, anche la neuropatia idiopatica può essere sensitiva, motoria, o mista.
Alcune neuropatie periferiche esordiscono in maniera improvvisa, altre in maniera graduale nell’arco di anni. I sintomi dipendono dal tipo di fibre nervose interessate e dalla loro localizzazione e si concretizzano in una generale disabilità motoria dei pazienti, ma nella maggior parte dei casi si manifestano con:
- Debolezza muscolare ed astenia – Sono sintomi dovuti ad una compromissione dei nervi motori. A seconda dell’interessamento degli arti inferiori o superiori, si può manifestare facile affaticabilità e senso di “pesantezza” agli arti.
- Intorpidimento, formicolìo, dolore – Una lesione dei nervi sensitivi può causare sintomi molto differenti. Possono presentarsi parestesìe, che includono senso di intorpidimento, formicolio, sensazione di spilli o aghi o pizzicotti, prurito, bruciori, freddo, fitte dolorose e profonde, scosse elettriche. Questi disturbi spesso peggiorano di notte. Si possono, inoltre, avere sensazioni spiacevoli scatenate dallo stimolo tattile (disestesie), oppure riduzione (ipoestesia) e scomparsa (anestesia) della sensazione, che possono far sì che ci si tagli o scotti senza rendersene conto.
- Assenza del senso di posizione – In presenza di questo disturbo, non si è sicuri di dove si trovino esattamente i piedi e può insorgere incoordinazione e insicurezza nel camminare. Ci si può accorgere che il modo di camminare si è modificato, è possibile trascinare i piedi, oppure la marcia si allarga nel tentativo inconscio di mantenere l’equilibrio.
- Sensazione di “guanti” e “calzini” – È la sensazione di stare indossando guanti, calzini o ciabatte, quando invece mani e piedi sono completamente nudi.
- Sintomi di danno alle fibre autonomiche – Una lesione delle fibre autonomiche può causare senso di instabilità e/o vertigini quando si è in piedi, costipazione, diarrea, disfunzioni sessuali, e assottigliamento della pelle, con facilità a sviluppare lividi e difficoltà nella guarigione delle ferite.
Il dolore neuropatico è patologico in quanto è caratterizzato da un processo di amplificazione dei messaggi nocicettivi che può manifestarsi sia nel sistema nervoso periferico che centrale. A differenza del dolore somatico, che proviene da terminazioni nervose e recettori del dolore situati nella cute che si avverte attraverso un danneggiamento dei tessuti, il dolore neuropatico proviene direttamente da una disfunzione dei nervi e non implica un danneggiamento in corso. Il dolore neuropatico è associato a numerosi tipi di segni e sintomi sensori che possono presentarsi da soli o insieme ad altre specifiche manifestazioni. Tra i vari meccanismi eziopatogenetici ipotizzati e dimostrati alla base dei segni e sintomi delle neuropatie periferiche meccaniche, si possono annoverare un’alterazione dei canali del sodio (neuropatie diabetiche), l’ipereccitabilità dei neuroni, variazioni improvvise nella connettività spinale, forte stress ossidativo a carico del tessuto nervoso. Anche i mediatori dei processi infiammatori sembrano avere un ruolo specifico nell’insorgenza delle neuropatie degenerative e infiammatorie. In sintesi, le cause di sintomatologia dolorosa degli arti superiori e inferiori sono numerose e di varia origine, e possono essere di interesse ortopedico (mialgie, neuropatie compressive o traumatiche). Infatti, un’importante percentuale di queste sindromi dolorose degli arti sono da imputare ad un’azione meccanica compressiva, di origine diversa, che agisce su una radice nervosa, tipo radicolopatie irritative o compressive, di pertinenza cervicale nel caso degli arti superiori (cervicobrachialgia), e lombosacrale per quanto attiene gli arti inferiori (lombosciatalgia), la cui causa più comune è rappresentata dall’ernia discale.
DIAGNOSI
Dal punto di vista diagnostico, è
importante eseguire un attento esame clinico del paziente ed indagare,
attraverso specifici questionari, in maniera dettagliata la tipologia dei
sintomi, delle malattie pregresse e/o concomitanti del paziente, ricercare
possibili fattori causali traumatici, occupazionali, esiti di interventi
chirurgici, fattori carenziali (Vit B1, B6, B12), fattori tossici, ischemici,
paraneoplastici. Altri esami utili alla diagnosi sono rappresentati dai test di
laboratorio e indagini elettrofisiologiche quali l’elettromiografia (EMG) per
lo studio della conduzione sensitivo/motoria delle fibre nervose e per la
ricerca dei segni di denervazione. La TAC e la RMN inoltre sono in grado di
confermare sia i sospetti diagnostici nei casi di cervicobrachialgie e
lombosciatalgie, che la presenza di osteofitosi e/o di alterazioni
osteartrosiche a carico delle faccette articolari o dei corpi vertebrali. La biopsia
di nervo può talora fornire informazioni importanti sul tipo e sulla causa
della neuropatia. Si può vedere, infatti, se il nervo presenta segni di
vasculite, infiammazione o deposito di amiloide.
Una puntura lombare può essere utile per evidenziare la presenza di infezioni o
infiammazioni, mentre analisi mirate del sangue e delle urine possono aiutare a
identificare malattie sottostanti o difetti genetici che causano la neuropatia.
NEUROPATIE ACQUISITE
NEUROPATIA DIABETICA

É una delle cause più comuni di neuropatia, caratterizzata da un danno a carico del sistema nervoso periferico somatico o vegetativo ed è correlata ai disordini biochimici causati dal diabete. I sintomi predominanti sono rappresentati da dolore, sintomatologia algica-urente, parestesie e ipoestesie, soprattutto al piede. I sintomi sensitivi predominano sull’interessamento motorio, compaiono nelle porzioni più distali degli arti e progrediscono prossimalmente secondo una distribuzione “a guanto” o “a calza”. In ogni caso la sintomatologia clinica è correlata al tipo di fibra nervosa coinvolta. La patogenesi della neuropatia diabetica risulta multifattoriale, in accordo con la molteplicità delle alterazioni metaboliche che caratterizzano la malattia diabetica, e quindi è possibile formulare una serie di ipotesi contemporaneamente responsabili delle manifestazioni cliniche.
NEUROPATIE CARENZIALI
Causate da deficit nutrizionali, ad es. di vitamina B12, B1 (tiamina), B6 (piridossina) e vitamina E che determinano polineuropatie con degenerazione assonale. La carenza vitaminica può essere dovuta a un inadeguato regime dietetico o a un problema di malassorbimento a livello gastrico o intestinale. Anche eccessi di vitamina B6 possono causare una neuropatia.
NEUROPATIE IMMUNO-MEDIATE
Il ruolo del sistema immunitario è proteggere l’organismo contro agenti infettivi esterni. Talora, tuttavia, per ragioni sconosciute, il sistema immunitario attacca parti del nostro organismo causando l’insorgenza di malattie autoimmuni. Se ad essere “attaccati” sono i nervi periferici, si possono sviluppare neuropatie immuno-mediate (cioè causate da un’alterazione del sistema immunitario). Tra queste ricordiamo:
- Sindrome di Guillain-Barrè – Una poliradicolonevrite acuta, ad esordio rapido, che può evolvere
a paralisi totale e insufficienza respiratoria nell’arco di giorni
dall’esordio. È spesso preceduta da infezioni o vaccinazioni che sono
considerati fattori “scatenanti”. La malattia è autolimitante, con recupero
spontaneo nell’arco di 6-8 settimane, ma talora permangono degli esiti. È
cruciale la precocità dell’intervento terapeutico, che si avvale di
immunoglobuline endovena o plasmaferesi.
Una variante della Guillain-Barrè è la Sindrome di Miller-Fisher, che si manifesta con “caduta” delle palpebre (ptosi palpebrale) e marcia instabile (atassica). - Poliradicolonevrite infiammatoria demielinizzante cronica – È considerata la variante cronica della Guillain-Barrè, e può presentarsi con attacchi ripetuti o con un andamento lentamente progressivo.
- Neuropatie croniche con autoanticorpi verso i nervi periferici – In alcune neuropatie, si sono identificati anticorpi diretti contro specifici componenti del nervo periferico, tra cui la Glicoproteina Associata alla Mielina (MAG), i gangliosidi (GM1, GD1a, GD1b), i sulfatidi.
- Neuropatie associate a vasculiti – Per vasculite si intende un’ infiammazione dei vasi sanguigni che può interessare sia i vasi diretti ai nervi periferici sia quelli diretti ad altri organi. Se il processo infiammatorio interessa i vasi diretti ai nervi periferici può causare piccoli “infarti” dei nervi determinando una neuropatia vasculitica. Diverse malattie reumatologiche, come l’artrite reumatoide, il lupus eritematoso sistemico, la panarterite nodosa, o la sindrome di Sjogren sono associate a vasculite generalizzata, che può coinvolgere anche i nervi periferici. La vasculite può causare neuropatie, mononeuriti, o mononeuriti multiple, a seconda della distribuzione e della severità delle lesioni.
- Neuropatie associate a gammopatie monoclonali – Nelle gammopatie monoclonali, singoli cloni di linfociti B o plasmacellule nel midollo osseo o negli organi linfoidi si espandono a formare tumori, benigni o maligni, che secernono anticorpi. Ogni singolo clone di linfociti B produce un solo tipo (monoclonale) di anticorpi (o gamma-globuline), da cui il nome di gammopatia monoclonale. In alcuni casi gli anticorpi reagiscono contro componenti dei nervi periferici, in altri casi frammenti degli anticorpi si depositano nei tessuti formando “amiloide”.
NEUROPATIE DA ALCOOL E ALTRE SOSTANZE TOSSICHE
L’abuso di alcool è una causa frequente di neuropatia. Altre sostanze tossiche che possono danneggiare i nervi sono: piombo (neuropatia motoria); arsenico, mercurio (neuropatia sensitiva); solventi organici e insetticidi.
NEUROPATIE IN CORSO DI MALATTIE SISTEMICHE
Oltre al diabete, numerose condizioni sistemiche possono associarsi a neuropatia. Tra queste, l’insufficienza renale cronica, epatopatie, alterazioni endocrine (per es. ipotiroidismo). Neuropatie possono insorgere anche in pazienti che si trovano in unità di cura intensiva.
NEUROPATIE DA TUMORE
Una neuropatia può derivare da un’infiltrazione diretta dei nervi da parte di cellule tumorali o da un effetto indiretto, a distanza, del tumore (in quest’ultimo caso si parla di “sindrome paraneoplastica”e la neuropatia è associata ad anticorpi contro una proteina detta Hu). In pazienti con tumori, una neuropatia può anche essere conseguenza di irradiazione locale o essere causata da farmaci come vincristina e cisplatino. Si parla, in questi casi, di neuropatie “iatrogene”.
AMILOIDOSI
L’amiloide è una sostanza che si deposita nei nervi periferici interferendo con la loro funzione. La malattia si chiama amiloidosi, e se ne distinguono diversi tipi. Nell’amiloidosi primaria (che si associa spesso a gammopatie monoclonali o mieloma) i depositi di amiloide sono costituiti da frammenti di anticorpi monoclonali, mentre nell’amiloidosi familiare (vedi paragrafo sulle Neuropatie Ereditarie) i depositi di amiloide contengono una forma anomala di una proteina detta transtiretina.
NEUROPATIE DA AGENTI INFETTIVI

Virus o batteri possono causare neuropatie. Tra i virus che causano neuropatie ricordiamo il virus dell’Herpes Zoster, responsabile del “fuoco di S.Antonio”; il virus dell’AIDS (HIV-I), che causa diverse forme di neuropatia, tra cui neuropatie sensitive dolorose; il Citomegalovirus, associato a poliradicolonevriti rapidamente ingravescenti, soprattutto in soggetti immunodepressi; anche l’epatite B e C sono talora associate a neuropatia. Tra le infezioni batteriche che causano neuropatie ricordiamo: la Borreliosi (o malattia di Lyme) causata da una spirocheta; la lebbra, che causa una neuropatia sensitiva; la difterite, che causa una neuropatia paralitica rapidamente ingravescente; e la Tripanosomiasi, causata da un parassita (sono, tuttavia, rare nelle nostre regioni).
NEUROPATIE DA FARMACI
Numerosi farmaci possono indurre neuropatia. Tra questi vincristina e cisplatino, usati nella terapia anti-tumorale; nitrofurantoina, utilizzata in alcune patologie renali croniche; amiodarone, usato nelle aritmie cardiache; disulfiram, usato nell’alcoolismo; e dapsone, utilizzato nella terapia della lebbra.
NEUROPATIE DA TRAUMA O COMPRESSIONE / INTRAPPOLAMENTO
Neuropatie localizzate possono derivare da un trauma esterno o da compressione da parte di tendini o di altri tessuti circostanti. Le più note sono la sindrome del tunnel carpale, che deriva dalla compressione del nervo mediano al polso; le radiculopatie cervicali e lombo-sacrali (quest’ultima nota come “sciatica”) dovuta alla compressione delle radici dei nervi al loro punto di uscita a livello della colonna vertebrale. Altre zone di frequente compressione dei nervi sono il gomito, l’ascella e il dorso del ginocchio.
NEUROPATIE DA INTRAPPOLAMENTO
SINDROME DEL TUNNEL CARPALE

Consiste nella compressione sul nervo mediano da parte del legamento trasverso del carpo ispessito o da parte delle strutture in esso contenute. L’eziopatogenesi prevede un ispessimento del tunnel da ipertrofia e/o calcificazione del legamento trasverso del carpo, con riduzione della capacità del contenitore, oppure una tenosinovite dei tendini flessori con aumento del “contenuto” (reumatismi infiammatori cronici). La compressione del nervo può essere secondaria a uso eccessivo del polso o a processi infiammatori; talora sono presenti condizioni sottostanti quali diabete, artrite reumatoide, acromegalia. La sintomatologia consiste in una sindrome algico-urente, parestesie, ipoestesie, fino all’anestesia di una o tutte le prime tre dita della mano.
SINDROME DEL CANALE DI GUYON
Si tratta della
compressione/intrappolamento del nervo ulnare a livello del canale osteofibroso
e neurovascolare di Guyon, il tunnel che il nervo ulnare attraversa per passare
dall’avambraccio alla mano (polso). Il canale di Guyon ha un pavimento formato
dalle ossa del polso ed un soffitto, costituito da un legamento, ed in esso,
oltre al nervo ulnare, sono contenute l’arteria e la vena ulnare. All’uscita
del canale di Guyon, il nervo ulnare si divide in due rami che portano lo
stimolo per il movimento della maggior parte dei muscoli della mano e
forniscono la sensibilità al dito mignolo e all’anulare. Nel suo passaggio
attraverso questo canale, il nervo può risultare compresso.
L’eziopatogenesi prevede una compressione da parte di neoformazioni cistiche o
neoplastiche, alterazioni strutturali dei vasi o anomalie vascolari,
traumatismi diretti, microtraumi occupazionali, anomalie anatomiche, oltre ad
alterazioni infiammatorie e degenerative delle guaine sinoviali più vicine. Il
quadro clinico è caratterizzato da dolore diffuso al polso e nel territorio
d’innervazione dell’ulnare, sensazione di formicolio, parestesie e riduzione
della sensibilità dell’anulare e del mignolo. Nei casi più avanzati si ha un
aspetto della mano ad artiglio e si possono rilevare anche deficit di flessione
profonda del quarto e quinto dito, per compromissione del muscolo abduttore del
mignolo.
SINDROME DEL TUNNEL CUBITALE
Il nervo ulnare è compresso a livello del canale epitrocleo-olecranico o tunnel cubitale (gomito). Tra le varie cause, si possono annoverare anche la sublussazione ricorrente del nervo ulnare durante i movimenti di flessione-estensione del gomito, l’osteoartrosi del gomito, i reumatismi, il gomito valgo e traumatismi diretti o microtraumi ripetuti e frequenti. Clinicamente questa sindrome presenta due fasi. La prima fase è caratterizzata da parestesie nel territorio d’innervazione dell’ulnare alla mano, al quinto dito e al quarto. Nella seconda fase si verifica un aggravamento del formicolio che diventa persistente ed insorgono anche disturbi muscolari con indebolimento fino alla paresi dei muscoli interossei nonché aggravamento delle turbe sensoriali, sino a un quadro di vera e propria anestesia termo-dolorifica e tattile nel territorio di competenza sensoriale dell’ulnare. In fase avanzata, il danno della componente motoria porta anche a un deficit dell’adduzione del pollice, del flessore ulnare del carpo e del flessore profondo del quarto e quinto dito. Il segno clinico chiaro è la manovra cubitale positiva, ovvero la comparsa di dolore e parestesie nel territorio d’innervazione dell’ulnare alla flessione forzata del gomito.
SINDROME DEL TUNNEL TARSALE
È una compressione del nervo tibiale posteriore a livello del tunnel tarsale mediale. La sindrome si instaura per un’alterazione del rapporto contenuto/contenente in questo passaggio. Può essere conseguenza di fratture o lussazioni di caviglia con conseguenti irregolarità ossee e/o calcificazioni e fibrosi perineurali, oppure di traumi distorsivi della caviglia, con ispessimento o retrazione cicatriziale delle strutture legamentose o fasciali. Può essere correlata alla presenza di anomalie funzionali statiche e dismorfismi del piede, tipo varismo calcaneare e piede piatto acquisito, oppure ad anomalie vascolari della zona, come pseudoaneurismi della arteria tibiale o varicosità venose. Va inoltre ricordata la possibile correlazione con patologie infiammatorie dei tendini flessore lungo dell’alluce e delle dita e l’associazione con artrite reumatoide e connettivopatie. Le forme secondarie possono dipendere da varie neoformazioni sottocutanee quali, lipomi, cisti tenosinoviali e ossee, algoparestesie alla caviglia e alla pianta del piede lato mediale, esacerbate dalla stazione eretta e dalla marcia e con eventuale deficit della flessione della falange basale delle dita.
NEUROPATIE EREDITARIE

Le neuropatie ereditarie sono causate da alterazioni genetiche che vengono trasmesse di generazione in generazione. Per molte di queste il difetto genetico è noto e sono disponibili tests diagnostici.
- HSMN (Hereditary Sensory Motor Neuropathy)
o Malattia di Charcot-Marie-Tooth (CMT)
Sono le neuropatie ereditarie più frequenti. Un tempo definite Malattia di Charcot-Marie-Tooth, sono state di recente riclassificate come HSMN (neuropatie ereditarie sensitivo motorie). Se ne distinguono diversi sottotipi in base alle caratteristiche cliniche e alle alterazioni genetiche sottostanti. La HSMN tipo 1 è la più comune. È una neuropatia demielinizzante a lenta evoluzione, spesso associata ad anomalie del piede (piede cavo). - Neuropatia amilodotica familiare
La neuropatia amiloidotica familiare si presenta con alterazioni sensitive e del sistema nervoso vegetativo (diarrea, impotenza, etc.). È dovuta a una mutazione di una proteina detta transtiretina. La proteina anomala si deposita sotto forma di amiloide nei nervi periferici, inducendo il danno. - Neuropatie in corso di porfiria
La porfiria (malattia ereditaria da alterato metabolismo delle porfirine) si associa a neuropatia periferica, prevalentemente motoria.
FIBROMIALGIA

La fibromialgia è una malattia reumatica ad eziologia sconosciuta. E’ caratterizzata da dolore muscolo-scheletrico diffuso e da altri sintomi a carico di numerosi organi e apparati.
SINTOMI DELLA FIBROMIALGIA
La fibromialgia si manifesta principalmente con le seguenti sensazioni:
- Iperalgesia, cioè percezione di dolore muscolare molto intenso anche rispetto a stimoli dolorosi lievi (es. vestiti aderenti). Il dolore, a seconda dei casi, può essere localizzato o diffuso in tutto il corpo.
- Rigidità generalizzata oppure localizzata al dorso o a livello lombare, soprattutto al risveglio, oppure dopo essere stati fermi nella stessa posizione (seduti o in piedi) per molto tempo.
- Stanchezza e affaticamento anche per minimi sforzi con ridotta resistenza alla fatica. Una specie di stanchezza che ricorda quella normalmente riferita in corso di influenza o in casi di mancanza di sonno.
- Disturbi del sonno: i muscoli, in continua tensione, non permettono di riposare in maniera adeguata. Si manifestano frequenti risvegli notturni. La fase profonda del sonno (stadi 3 e 4 di sonno NREM) è disturbata e il sonno non è ristoratore. Di conseguenza il paziente al risveglio si sente affaticato come se non avesse dormito affatto.
Mal di testa, emicrania, vertigini, extrasistole, crampi, parestesie, formicolio o intorpidimento di mani, piedi, braccia o gambe, disturbi d’ansia e depressivi, difficoltà di concentrazione, di memoria, di ricordare parole o nomi (fenomeno chiamato ‘fibro frog’) sono le altre manifestazioni sintomatologiche più spesso associate alla fibromialgia.
DIAGNOSI DEL DISTURBO FIBROMIALGICO
Non ci sono esami clinici di laboratorio che dimostrino la presenza della fibromialgia. Pertanto, la diagnosi è essenzialmente clinica e viene fatta dallo specialista con semplici manovre di digitopressione.
La tensione muscolare si manifesta in alcuni punti precisi del corpo, che sono detti “tender points” o “punti sensibili”. Essi sono una caratteristica specifica della fibromialgia. Quindi, per fare diagnosi, occorre che risultino dolenti alla pressione delle dita del medico almeno 11 dei 18 “punti sensibili”.
Il paziente deve riferire dolori diffusi da almeno tre mesi, rigidità muscolare soprattutto mattutina, stanchezza cronica, crampi, parestesie.
Nel 2010 l’American College of Rheumatoloy ha proposto nuovi criteri diagnostici che si basano sulla presenza di sintomi associati al dolore. Astenia, disturbi di tipo cognitivo, disturbi del sonno e difficoltà nello svolgere una qualsiasi attività, comprese le normali attività quotidiane.
I nuovi criteri per la fibromialgiapropongono, quindi, l’utilizzo di scale di valutazione specifiche. Esse permettono di valutare sia l’intensità del dolore, attraverso l’indice di dolore diffuso (Widespread Pain Index, WPI), sia la gravità delle altre manifestazioni cliniche caratteristiche della fibromialgia, attraverso la scala di gravità dei sintomi (Sympton Severity Scale).
CAUSE DELLA FIBROMIALGIA
Visto che tutti gli esami clinici mostravano esiti negativi, negli anni ’40 la fibromialgiavenne considerata un disturbo di origine unicamente psicologica. Fu inquadrato allo stesso livello di una somatizzazione. L’ipotesi di una eziologia psicologica ha avuto per molto tempo una forte credibilità. Ancora oggi, nonostante i recenti dati di ricerca, continua ad avere la sua influenza.
Aspetti biologici
Gli esami effettuati con i sistemi di neuro-imaging mostrano una iperattività del sistema nervoso simpatico. Essa determina una ipervascolarizzazione dei tender points e una diminuzione del flusso cerebrale nelle aree responsabili della trasmissione e della modulazione del dolore.
Questo potrebbe essere la spiegazione dell’iperalgesia che i pazienti fibromialgici sperimentano. Ciò in quanto il malfunzionamento di queste aree cerebrali porta ad una errata interpretazione degli stimoli dolorosi.
Inoltre, la ricerca ha evidenziato alterazioni di numerosi neurotrasmettitori tra cui la serotonina, la noradrenalina e la dopamina. Essi sono coinvolti nella modulazione del dolore e nella regolazione del sonno.
Ipersensibilità al dolore
I soggetti fibromialgici hanno una amplificata percezione del dolore, fenomeno definito allodinia. La persona percepisce cioè uno stimolo innocuo come doloroso. Gli esperti concordano sul fatto che l’allodinia sia dovuta a una sensibilizzazione centrale. In generale, la fibromialgia sembrerebbe dunque legata ad una disfunzione cerebrale di elaborazione del dolore.
Conclusioni sulle cause
In pratica, non è ancora sufficientemente chiaro se sono fattori psicologici, come ansia, stress, tono dell’umore, percezione di auto-efficacia nel controllo del dolore, strategie di coping a generare le alterazioni cerebrali oppure se queste alterazioni provochino come effetto secondario un malessere psicologico.
Anche se non ci sono abbastanza evidenze per confermare o disconfermare queste ipotesi, è indubbio che i fattori psicologici influiscano in maniera significativa sulla sintomatologia dolorosa. E’ noto, infatti, come un continuo stato di allarme, di ansia e di tensione ma anche un senso di insoddisfazione cronica, possano influenzare il sistema nervoso simpatico e i relativi neurotrasmettitori.
CURA DEL DISTURBO
Rimedi farmacologici
Attualmente, il trattamento farmacologico più diffuso per la cura della fibromialgiaè la terapia con gli antidepressivi SSRI(paroxetina, fluoxetina, ecc.) che hanno effetti sull’astenia e sull’insonnia.
Altri farmaci che vengono correntemente utilizzati sono gli antiepilettici (come il gabapentin o il suo derivato pregabalin), gli analgesici centrali (tramadolo e codeina/paracetamolo) e alcuni antiparkinsoniani (come il pramipexolo). Grande interesse sta poi suscitando una nuova classe di farmaci antidepressivi, i farmaci inibitori della ricaptazione della serotonina e della noradrenalina (SNRI), i quali agiscono su di un più ampio spettro di neurotrasmettitori rispetto agli SSRI.
Da ricordare, anche i sali di magnesio che hanno un importante ruolo nel metabolismo muscolare. Al contrario, i cortisonici sono inefficaci e dovrebbero essere evitati per i loro potenziali effetti collaterali.
NON SOLO FARMACI!
Alla terapia farmacologica della fibromialgia, sempre più spesso, vengono associati altri interventi psicologici e motori. Programmi specifici di allenamento fisico, tecniche di rilassamento, programmi di assertività, gestione dell’ansia e di consapevolezza emotiva.
Servono inoltre programmi educativi per aiutare il paziente a comprendere la malattia e imparare a conviverci. È utile inoltre consultare un terapista della riabilitazione che aiuti a stabilire uno specifico programma di esercizi per migliorare la postura, la flessibilità e la forma fisica.
Anche le attività aerobiche come camminare, andare in bicicletta, nuotare o fare esercizi in acqua sono utili per migliorare il livello di forma fisica.
Infine, i programmi di consapevolezza emotiva, di assertività e di gestione dell’ansia, propri della terapia cognitivo comportamentale, possono sicuramente contribuire al miglioramento della sintomatologia connessa alla fibromialgia
OSTEOARTRITE

L’osteoartrite è la forma più comune di artrite e colpisce milioni di persone in tutto il mondo. Si verifica quando la cartilagine protettiva che attutisce le estremità delle ossa si consuma nel tempo.Sebbene l’artrosi possa danneggiare qualsiasi articolazione, il disturbo colpisce più comunemente le articolazioni di mani, ginocchia, fianchi e colonna vertebrale.
I sintomi dell’artrosi possono generalmente essere gestiti, sebbene il danno alle articolazioni non possa essere invertito. Rimanere attivo, mantenere un peso sano e alcuni trattamenti potrebbero rallentare la progressione della malattia e aiutare a migliorare il dolore e la funzione articolare.
SINTOMI OSTEOARTRITE
I sintomi dell’artrosi si sviluppano spesso lentamente e peggiorano nel tempo. Segni e sintomi di artrosi includono:
Dolore alle articolazioni interessate durante o dopo il movimento.
La rigidità articolare potrebbe essere più evidente al risveglio o dopo essere stata inattiva.
L’articolazione potrebbe sentirsi al tatto tenera quando si applica una leggera pressione o vicino ad essa.
Potresti non essere in grado di muovere l’articolazione attraverso l’intera gamma di movimenti.
Potresti provare una sensazione di attrito quando usi l’articolazione.
Speroni ossei. Questi pezzi extra di osso, che sembrano grumi duri, possono formarsi attorno all’articolazione interessata.
Gonfiore. Ciò potrebbe essere causato dall’infiammazione dei tessuti molli intorno all’articolazione.
CAUSE DELL’OSTEOARTRITE
L’osteoartrosi si verifica quando la cartilagine che attutisce le estremità delle ossa delle articolazioni si deteriora gradualmente. La cartilagine è un tessuto sodo e scivoloso che consente un movimento articolare quasi privo di attrito. Alla fine, se la cartilagine si consuma completamente, le ossa si sfregano.
L’osteoartrosi è stata spesso definita una malattia da “usura”. Ma oltre alla rottura della cartilagine, l’artrosi colpisce l’intera articolazione. Provoca cambiamenti nell’osso e deterioramento dei tessuti connettivi che tengono unita l’articolazione e attaccano i muscoli alle ossa. Provoca anche l’infiammazione del rivestimento articolare.
FATTORI DI RISCHIO PER L’OSTEOARTRITE
I fattori che possono aumentare il rischio di artrosi includono:
Età avanzata. Il rischio di artrosi aumenta con l’età.
Sesso. Le donne hanno maggiori probabilità di sviluppare l’artrosi, anche se non è chiaro il perché.
Obesità. Il trasporto di peso corporeo aggiuntivo contribuisce all’osteoartrite in diversi modi e più si è pesanti, maggiore è il rischio. L’aumento di peso aggiunge stress alle articolazioni portanti, come fianchi e ginocchia. Inoltre, il tessuto adiposo produce proteine che possono causare infiammazioni dannose dentro e intorno alle articolazioni.
Lesioni articolari. Le lesioni, come quelle che si verificano quando si praticano sport o da un incidente, possono aumentare il rischio di artrosi. Anche le lesioni che si sono verificate molti anni fa e apparentemente guarite possono aumentare il rischio di artrosi.
Ripetuto stress sull’articolazione. Se il tuo lavoro o lo sport che pratichi provoca stress ripetitivi su un’articolazione, quell’articolazione potrebbe eventualmente sviluppare l’artrosi.
Genetica. Alcune persone ereditano la tendenza a sviluppare l’artrosi.
Deformità ossee. Alcune persone nascono con articolazioni malformate o cartilagine difettosa.
Alcune malattie metaboliche. Questi includono il diabete e una condizione in cui il tuo corpo ha troppo ferro (emocromatosi).
COMPLICAZIONI OSTEOARTRITE
L’osteoartrite è una malattia degenerativa che peggiora nel tempo, causando spesso dolore cronico. Il dolore e la rigidità articolari possono diventare abbastanza gravi da rendere difficili le attività quotidiane. Depressione e disturbi del sonno possono derivare dal dolore e dalla disabilità dell’osteoartrosi.